Joen & Zozo - Terza Parte


- Parte Terza -

L'ultima sera in cui siamo stati in Svizzera pioveva e faceva molto freddo. Le aspettative della serata erano diverse: saremmo dovuti andare a fare un giro nel centro di Losanna a bere qualcosa, a divertirci e a scoprire le parti più nascoste della città. Invece quella sera diluviava, quindi cambiati i piani, ci si è fermati alla pizza presa da asporto (insolitamente buona) e risate intorno ad un tavolo. All'estero, il principio di pizza è totalmente diverso dal nostro. La pizza è tonda, ma è come se fosse al metro, e nessuno sano di mente ne mangerebbe mai una intera, ma noi, italiani impavidi abbiamo deciso che ce ne saremmo fregati e che ne avremmo presa una a testa. Buona devo dire, ma non sono mai stata così tanto piena. È stata l'ultima cena dell'ultimo giorno, ed è stata una serata perfetta. La pienezza da cibo e vedere mio padre cercare di interagire in francese provocava un senso di spensieratezza totale. Joen all'improvviso ha iniziato a urlare come un pazzo. "C'est tum tum! C'est tum tum!" Impazzito si è messo a correre da una parte all'altra della sala, atterrando con le manine sui vetri che si affacciavano alla terrazza. Voltandoci verso di lui ci siamo accorti di cosa stava succedendo: il cielo era pieno, colmo e meravigliosamente illuminato da una miriade di saette. Uno spettacolo che non so descrivere, tanto era bello e affascinante. Dal dodicesimo piano di quel palazzo vedevamo tutto come da una terrazza panoramica, una notte così nera che ogni millesimo di secondo veniva squarciata da un raggio di elettricità, che spariva e si ripresentava il momento dopo, poco più in là. Tum tum erano i tuoni che li succedevano, ed erano dei tum tum enormi. Joen ne era totalmente affascinato, impazzito dalla loro presenza ci obbligò tutti a uscire in terrazza, per farsi prendere in braccio e poterli quasi toccare con un dito, come se fosse alto fino al cielo. Quegli occhi, così neri, così felici.

Quella tempesta è stata la benedizione più grande che potessimo ricevere. Il cielo ci ha offerto uno spettacolo unico, che rimarrà per sempre impresso nella nostra mente. Mentre Joen cercava di afferrare i fulmini, nel vento e nella pioggia che scrosciava, Zozo giocava e guardava la scena dall'interno, anche lui senza un barlume di paura o di timore. Mi sembrava impensabile la loro tenacia davanti a quella scena.

Nel momento in cui dovevamo accompagnare la famigliola a casa, papà è andato a prendere la macchina per portarla il più vicino possibile, e non farli inzuppare. Io ho aspettato col piccolo Zozo, che iniziava ad essere stanco e la sua pazienza vacillava. L'ho preso in braccio, la sua facciotta arrivava sotto al mio mento. Dondolando piano piano, la sua testolina si è appoggiata nell'incavo del mio collo, qualche lamentio, ma in cinque secondi dormiva. Così caldo, così morbido, il suo respiro rimaneva incastrato tra il mio collo e la mia clavicola, ma non gli interessava nulla, aveva trovato la sua posizione e li sarebbe rimasto. Non so se l'amore si possa sentire così forte, non so se l'amore possa fare rumore, ma quello lo faceva e il mio cuore impazziva.

Quella sera è terminata tanto in fretta quanto passa in fretta un temporale estivo, con le sue saette e i suoi trambusti, si è conclusa, come si è conclusa quella paradisiaca settimana in Svizzera, tra una città e l'altra, tra il cantone francese, quello tedesco e anche un po' di quello italiano. Ho salutato i bimbi appoggiando Zozo in macchina, staccandomelo dal petto e mettendolo nel seggiolino avendo cura che non si svegliasse.

La mattina successiva siamo partiti, passando prima a salutare lei, che era la creatrice di tutto quell' amore. Ci siamo abbracciate commosse, non sapendo quando ci saremmo riviste. Lei era felicissima, le abbiamo chiesto se sarebbe tornata in Italia, da noi, a casa, e lei ci ha risposto con uno sguardo di completa consapevolezza, di quello che ha passato, quello che ha sognato, quello che ha ottenuto e quello che ora vive. Si teneva la pancia nelle mani, una pancia gigante che conteneva tutta la nuova speranza di una sopravvissuta al mondo.

"Certo, vi verremo a trovare noi" Una menzogna detta con il sorriso fa meno male, forse, ma fortunatamente la Svizzera non è poi così lontana.

"L'Italia non si rende conto di quello che noi immigrati - detto con un'espressione e tono di voce provocatorio - rappresentiamo. Noi siamo ricchezza, non siamo un pericolo, noi siamo il futuro, non un passato da cui scappare. E non lo dico perché penso che gli italiani siano tutti così, ma perchè gli italiani, adesso, non sono la versione migliore di loro stessi, o forse non lo vogliono più essere, partendo dai politici, arrivando a chi sceglie per la propria vita. Serve che si ricordino chi possono essere. E penso che succederà, ma finchè non accadrà, io farò crescere i miei bambini e vivrò in uno stato in cui non verrò mai chiamata negra perchè una persona è arrabbiata e si deve sfogare con qualcuno, dove i miei bambini non verranno mai additati come quelli diversi, e dove avrò le stesse possibilità lavorative di chiunque altro al mio pari.

L'Italia è casa mia, l'Italia mi ha accolta, mi ha cresciuta, ma la mia Italia siete voi, io sono italiana più di quanto possa essere eritrea, ma la mia Italia ora siete voi."

E lei sarà sempre parte della nostra famiglia.

Lei ce l'ha fatta, lei è il riscatto che la vita fa ottenere quando si è proiettati verso la speranza. Lei ride in faccia alla vita, e ha sempre visto tutto con la leggerezza che la caratterizza. Quando succedevano cose brutte e lei non se ne preoccupava minimamente, mia mamma sorridendo rispondeva che lei ne aveva viste di peggio, che lei è fatta così, ce l'ha dentro quella tranquillità, quel ritmo che scandisce la vita e che non si ferma per un treno perso o per litigi inutili, lei sapeva cos'era importante e per cosa potersi scostare dal suo ritmo. Parlava dello stile africano di vivere la vita, ma se ci pensiamo, non è la stessa vita in cui siamo immersi tutti? Per qualcuno un po' più facile, per altri un po' più complessa, incasinata e isterica, ma non si riassume tutto in come la viviamo? In come decidiamo di vivere le situazioni?

Lei è innamorata della vita, lei è rimasta aggrappata alla vita anche quando essa le voleva scivolare dalle dita, lei l'ha stretta ancora più forte, e ce l'ha fatta, ha vinto. Lei ha vinto.

La sua storia è la storia di molti, tantissimi, che decidono di fuggire da una realtà che non promette niente, se non morte, e di mettere radici in un altro posto, trovare un altro luogo da chiamare casa e altre persone da amare e da chiamare famiglia.

Io sono onorata e fiera di essere parte di questa storia.

Le vicende di uomini e donne che lasciano tutto e partono, viaggiatori non senza paura, ma con un ingrediente fondamentale alla vita: la speranza.

Dovremmo tutti imparare da queste storie, forse ci troveremmo amore e famiglia all'interno di esse.

Diffondere amore è facile e potentissimo. 

Fine.                                                                                                               

                                                                                                               Chiara Cuzzani    28 Febbraio 2019


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