'Gli Incontri'. Giovannino Guareschi e Indro Montanelli
<< C'è nessuno ? C'è nessuno in casa ? [...] Signor Guareschi ! >>. È la voce del regista Giorgio Ferroni che, coperto da un'impermeabile beige dalle spalle fino alle caviglie e indossando un borsalino leggermente più chiaro, si aggira furtivamente intorno alla casa di Giovannino Guareschi, sperando di incontrarlo per strappargli un' intervista.
Sì, perché Ferroni è stato inviato in qualità di <<emissario>> con una troupe televisiva a Roncole di Busseto, in provincia di Parma, da Indro Montanelli, che dirige le operazioni dagli <<studi di Roma>>, come dice più volte Ferroni quando chiama Roma per parlare con Montanelli e riferirgli le fasi della missione.
Ma Guareschi non c'è, o almeno è quello che vuole far credere. Egli vuole evitare qualsiasi inquadratura delle telecamere appostate fuori dalla sua casa e pronte a colpirlo con l'obbiettivo, come una preda che attende nella sua tana finché il cacciatore non si arrende. Non è un caso che Montanelli lo definisca un << orso grigio >>, e non è un caso che il documentario diretto dal regista Ferroni si intitoli 'Caccia all'orso'.
Si tratta di un vero documentario che dura poco più di un quarto d'ora, un filmato studiato ad arte, un gioco di inquadrature che vede Montanelli e Guareschi proiettati sullo schermo separatamente. Si vuole fare credere ai telespettatori che dietro il tentativo inutile di Ferroni di intervistare Guareschi e dietro gli inseguimenti del primo per raggiunger il secondo lungo le rive del Pò non vi è alcuna orchestrazione, nessun copione prescritto, che tutto è avvenuto secondo le circostanze, la casualità. Ma non è così e chi guarda non si lascia di certo ingannare, e lo capisce quando l'inquadratura della camera da presa si sposta magicamente all'interno della casa e inquadra Guareschi. Ma come ? Giovannino il monarchico che vuole evitare ad ogni costo il contatto televisivo si lascia catturare così ? Senza muovere una zampa ?
Al di là della sceneggiatura e dell'incontro artificioso, che non avviene, emerge da un lato un Guareschi schivo, quasi allergico al contatto umano, a meno che non si tratti della sua cerchia familiare o degli abitanti del suo paese, un orso che preferisce trincerarsi nella sua tana, alla quale fa da sfondo un paesaggio rurale, agreste, dominato dalla semplicità della vita contadina e dai suoni degli idiomi locali della bassa padana. Dall'altro lato fa da contraltare un Montanelli seduto agiatamente su una poltroncina di pelle scura con le gambe accavallate, con affianco un tavolino da salotto e sopra un telefono a cornetta e sullo sfondo un mobìglio tipico da salotto borghese.
È vero, l'incontro non avviene, e non sarebbe potuto avvenire vista la distanza geografica che divide i due personaggi, però avviene un colloquio per telefono. Già, Guareschi, dopo essere sfuggito più volte alla troupe televisiva, che su ordine di Montanelli riparte per Roma, chiama scocciato Montanelli al telefono dal suo caffè e gli dice che è dispiaciuto che la troupe se n'è andata, lui l'intervista la vuole, anche perché aveva << preparato i tortellini, un'anatra arrosto, il lambrusco >> ed è dispiaciuto che questo tira e molla sia finito così. L'intervista gli viene concessa, al telefono, concludendosi con Guareschi che non risponde a nessuna domanda di Montanelli e che si congeda così <<scusa Indro, ma adesso devo lavorare. Sai perché...questa è una cosa seria, non è mica...non è giornalismo e neanche letteratura. Io faccio il caffettiere >> e si avvia dietro il bancone del bar per preparare un caffè.
Dal cortometraggio emerge tra i due una stima reciproca da lontano, che esclude qualsiasi rapporto di lavoro al di fuori di questo spezzone televisivo prodotto nel 1959. Tra Indro e Giovannino vi era una rivalità professionale, l'uno scriveva sulla rivista 'Il Borghese' fondata da Leo Longanesi, l'altro scriveva sul 'Candido', ma entrambi furono i rappresentanti della destra storica, la destra dell'Unità d'Italia e condividevano le stesse convinzioni, non le stesse idee, senza risparmiare critiche e stoccate alla classe dirigente indipendentemente dal colore. Tant'è che Guareschi fu anche incarcerato per i processi Einaudi e De Gasperi; il primo e unico giornalista italiano a scontare interamente una pena detentiva per il reato di diffamazione a mezzo stampa. Due figure che hanno insegnato molto a livello giornalistico, soprattutto a proposito del rapporto tra il giornalista e il potere. Montanelli diceva che <<il giornalista deve tenere il potere a una distanza di sicurezza >>.
Per quanto pochi sono stati i loro incontri, sia Indro sia Giovannino se ne sono andati in una giornata di fine luglio, il 22 di luglio. Giovannino Guareschi se ne andò nel 1968, forse perché non avrebbe resistito all'Italia di stracittà, un'Italia tecnologicamente dipendente, un'Italia che non accettava più le sue tradizioni rurali e la vita di strapaese.Indro Montanelli si spense nel 2001, un anno dopo l'inizio del nuovo millennio, probabilmente perché, inizialmente, aveva pensato che forse non sarebbe stato così male. Ma quando sentì che l'aria intorno era malsana, decise allora di salutare un paese dal quale già da tempo si era congedato.
Riccardo G. 24 Luglio 2019
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